Stimare l’eccesso di mortalità generale per capire l’impatto di Covid-19

[pubblicato su Scienza in rete il 30 maggio 2022]

Una sintesi del webinar “Impatto Covid-19: quanto è difficile stimare l’eccesso di mortalità?” organizzata da Scienza in rete il 18 maggio.

L’ultima stima in ordine di tempo è quella pubblicata all’inizio di maggio dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: tra il 2020 e il 2021 nei 194 paesi che fanno parte dell’OMS sarebbero morte 15 milioni di persone in più rispetto a quanto sarebbe successo se la pandemia di Covid-19 non ci fosse stata. Questa stima va confrontata con il numero di morti ufficialmente attribuiti a Covid-19 dai diversi governi nazionali, circa 5,5 milioni. La notevole differenza sarebbe in parte dovuta alle persone morte a causa dell’infezione con SARS-CoV-2 ma non diagnosticate e in parte al fatto che i sistemi sanitari sono stati sottoposti a una pressione tale da non poter garantire cure adeguate per tutte le altre malattie. Per questo, l’eccesso di mortalità generale è considerato una stima degli effetti diretti e indiretti di un’epidemia sulla popolazione.

«La differenza tra le morti in eccesso e quelle ufficialmente attribuite a Covid-19 non è uguale in tutti i paesi», ha spiegato Rodolfo Saracci, già presidente della International Epidemiological Association, «per l’Italia la stima dell’eccesso è di circa 160 mila morti da confrontare con le circa 136 mila associate a Covid dal sistema di sorveglianza integrata dell’Istituto Superiore di Sanità, una differenza del 20% circa simile a quella che si osserva nei paesi ad alto reddito dell’OMS».

La situazione è diversa se si considerano i paesi a basso reddito in cui non sono disponibili dati di mortalità di alta qualità. «I dati di mortalità mensili utilizzati per la stima dall’OMS sono disponibili solo per 74 dei 194 paesi che fanno parte dell’Organizzazione, per 84 paesi non ci sono dati e per i restanti 35 i dati sono parziali, si riferiscono cioè solo ad alcune regioni o ad alcuni periodi», commenta Saracci «per i paesi senza dati di mortalità si usano delle variabili che nei paesi in cui i dati di mortalità sono disponibili sono correlate con la mortalità. Queste variabili vengono usate poi anche per correggere le stime dei paesi che i dati li hanno. Insomma, si tratta di surrogati dei dati osservati».

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Ventilatori anti-Covid nei luoghi chiusi: intervista a Giorgio Buonanno

[pubblicato su Scienza in rete l’8 aprile 2022]

Ascolta “Perché l’OMS ha impiegato tanto a riconoscere che SARS-CoV-2 si trasmette per via aerea?” su Spreaker.

Poco prima di Natale sulla pagina web dell’Organizzazione Mondiale della Sanità alla domanda “Come si trasmette il SARS-CoV-2?” è comparsa la parola airborne, cioè “via aerea”, e l’espressione short-range aerosolCi sono voluti quasi due anni perché la più importante agenzia di salute pubblica globale riconoscesse che la principale via di trasmissione del virus che causa Covid-19 non sono i droplet ma l’aerosol, le goccioline che emettiamo nell’atto di respirare o parlare sufficientemente piccole da galleggiare nell’aria e percorrere distanze anche superiori a un metro. Perché queste resistenze? Ne parliamo con Giorgio Buonanno, professore ordinario al dipartimento di ingegneria civile e meccanica dell’università di Cassino che fa parte di un gruppo di studiosi che fin dalle prime fasi dell’epidemia ha cercato di sensibilizzare l’OMS su questo tema. Riconoscere che il virus si trasmetta per via aerea è importante perché permetterebbe di mettere in campo altri interventi per contenere il contagio, soprattutto in ambienti chiusi e affollati. In particolare la ventilazione meccanica controllata di cui molto si è discusso riguardo alle scuole e che in questi giorni è tornata al centro dell’attenzione dopo l’esperienza della regione Marche. La regione ha investito 9 milioni di euro per dotare trecento delle sue diecimila aule di impianti di ventilazione meccanica ottenendo risultati molto promettenti, anche se per nulla sorprendenti.

Intervista: Chiara Sabelli. Sigla: Jacopo Mengarelli.

L’immagine di copertina è di Avius Quovis (CC BY-NC 2.0).

Il ruolo dei Science Media Centre nel giornalismo scientifico

[pubblicato su Scienza in rete il 5 aprile 2022]

Durante la pandemia, i risultati degli studi scientifici, spesso finanziati dal governo, sono stati trascinati in un sistema di comunicazione progettato per pubblicizzare le idee del governo. Più volte gli esperti di comunicazione del governo, frustrati dai messaggi contrastanti degli scienziati di alto livello che parlavano apertamente delle incertezze e delle lacune nelle nostre conoscenze su diverse questioni, dall’uso delle mascherine al contributo delle scuole nella diffusione del contagio, mi chiedevano come arginare questo fenomeno. Stavano chiedendo alla persona sbagliata. Capivo la loro frustrazione, ma ho risposto che sorvolare sull’incertezza e sulle opinioni contrastanti avrebbe rischiato di minare la fiducia del pubblico nella scienza in un momento critico. Non esisteva “la scienza” su Covid.

A scrivere è Fiona Fox, direttrice dello Science Media Centre britannico, sull’ultimo numero di The Observer, l’edizione domenicale del quotidiano The Guardian.

Lo Science Media Centre è un ufficio stampa scientifico indipendente finanziato da un insieme di donatori che comprendono università e centri di ricerca, organizzazioni non governative, gruppi di pazienti, gruppi editoriali e ospitato nella sede della Wellcome Collection a Londra. Lo statuto del centro prevede che nessun donatore contribuisca con più del 5% del budget annuale di circa 850 000 euro, fatta eccezione per il Wellcome Trust, un ente di beneficenza, e lo UK Research and Innovation, l’agenzia pubblica della ricerca. Il Centro svolge un ruolo di mediazione tra scienziati e istituzioni scientifiche, università e centri di ricerca da una parte e il mondo dei media dall’altra. È stato istituito venti anni fa su proposta della commissione scienza e tecnologia della House of Lords in seguito a una serie di esperienze negative della stampa inglese su temi come l’uso degli OGM in agricoltura, il falso legame tra vaccini e autismo e l’encefalopatia spongiforme bovina (divenuta nota come “morbo della mucca pazza”).

Il principale obiettivo dei fondatori e della stessa Fox, che venne nominata direttrice allora, era quello di incoraggiare gli scienziati, spaventati dall’impatto delle loro dichiarazioni sull’opinione pubblica, a far sentire la propria voce. Il motto del centro è “The media will do science better when scientists do the media better”.

«Questo vuol dire che l’unico modo di migliorare la copertura giornalistica della scienza è far sì che gli scienziati si gettino nella mischia e interagiscano con i media. Proprio questo è il motivo per cui il nostro Centro è stato fondato», ha spiegato Hannah Taylor-Lewis, addetta stampa dello Science Media Centre, intervenendo durante un incontro sul tema organizzato dall’Ambasciata britannica a Roma lo scorso giovedì 31 marzo.

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L’impatto di Covid-19 sulla mortalità generale

[pubblicato su Scienza in rete il 9 marzo 2022]

Mentre cresce il numero di vittime causate dalla guerra russa contro l’Ucraina, arrivano nuovi dati sulle vittime della pandemia, a ricordarci l’assurdità del periodo che stiamo vivendo con due crisi che si accavallano accompagnate dai loro bollettini quotidiani di morte e distruzione. Mercoledì scorso ISTAT e ISS hanno infatti pubblicato il settimo rapporto sull’impatto di Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione italiana, che ha stimato un eccesso del 16% nel 2020 e del 10% nel 2021 rispetto ai decessi attesi sulla base dei cinque anni precedenti alla pandemia.

L’eccesso di mortalità è considerato uno degli indicatori più sintetici dell’impatto della pandemia su un paese. Quantifica non solo le vittime dirette dell’infezione, ma anche tutti coloro che sono morti per le conseguenze indirette dell’infezione, per esempio l’abbassamento del livello di assistenza sanitaria causato dal sovraccarico dei sistemi di cura, in particolare degli ospedali.

Stimare l’eccesso di mortalità, la differenza tra le morti registrate e quelle attese sulla base dei dati storici, è un compito tutt’altro che semplice. La domanda a cui si deve dare risposta è: «quante morti ci saremmo aspettati se non ci fosse stata la pandemia?». I dati sul passato costituiscono infatti solo una base di partenza per rispondere a questa domanda. Le stime dell’ISTAT che abbiamo citato all’inizio si riferiscono all’approccio più semplice al problema: prendere le morti osservate tra il 2015 e il 2019, calcolarne una media e confrontarle con quelle osservate nel 2020 e nel 2021.

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Antivirali contro SARS-CoV-2: come funzionano e come sono stati scoperti

[pubblicato su Scienza in rete il 12 febbraio 2022]

Il primo ciclo del farmaco antivirale Paxlovid, sviluppato dalla multinazionale statunitense Pfizer contro Covid-19, è stato somministrato la scorsa settimana all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma a un uomo di 54 anni con patologie cardiovascolari che lo esponevano a un rischio aumentato di andare incontro alle forme più gravi dell’infezione. Il trattamento per essere efficace deve cominciare entro cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi e prevede l’assunzione di tre pillole due volte al giorno per cinque giorni. Delle tre pillole, due contengono il principio attivo nirmatrelvir, una molecola capace di inibire il processo di replicazione del SARS-CoV-2 all’interno della cellula ospite. La terza pillola contiene invece il ritonavir, un agente antivirale inizialmente formulato per trattare l’infezione con HIV, il virus che causa l’AIDS, e che serve a mantenere alta la concentrazione del nirmatrelvir nel sangue per un tempo sufficientemente lungo ad avere l’effetto desiderato.

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Cellule T e la strada verso un vaccino universale contro i coronavirus

[pubblicato su Scienza in rete il 28 gennaio 2022]

Quando Omicron è emersa in Sudafrica a fine novembre, i ricercatori del La Jolla Institute for Immunology (LJI) a San Diego in California avevano un vantaggio: saper preparare i reagenti necessari a valutare la tenuta dell’intera risposta immunitaria delle persone vaccinate nei confronti della nuova variante del SARS-CoV-2.

Il grande numero di mutazioni presenti nella regione della proteina spike chiamata receptor binding domain lasciava intuire che gli anticorpi prodotti dopo aver ricevuto i vaccini formulati sulla base della virus ancestrale, quello isolato a Wuhan alla fine del 2019, avrebbero fatto fatica a riconoscere Omicron e quindi a bloccare l’infezione.

Le speranze del gruppo coordinato da Alessandro Sette, Daniela Weiskopf e Shane Crotty erano le cellule T, la componente della risposta immunitaria che coordina l’attivazione delle cellule B inducendole a produrre anticorpi al momento di un nuovo incontro col virus ma che è anche in grado di riconoscere le cellule infettate ed eliminarle.

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Covid e scuola, serve un piano razionale per gli impianti di ventilazione

[pubblicato su Domani il 27 gennaio 2022]

  • Il SARS-CoV-2 si trasmette soprattutto tramite aerosol, le goccioline che emettiamo parlando e respirando sufficientemente leggere da galleggiare nell’aria e percorrere anche diversi metri. Un gruppo di fisici e ingegneri ha messo a punto un modello che valuta il rischio di contagio al chiuso.
  • Alcune scuole hanno acquistato dei purificatori d’aria, ma il modello indica che da soli sono ampiamente insufficienti a ridurre significativamente il rischio di infezione data l’elevata contagiosità di Omicron, servono le mascherine Ffp2.
  • Dotare le scuole di impianti di ventilazione meccanica è utile al di là del Sars-CoV-2: molti altri virus respiratori si trasmettono via aerosol e altri ne potrebbero emergere. Ma è fondamentale che questi interventi siano ben pianificati.

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Immagine di copertina di Akbarali.

L’impatto della ventilazione sul contagio al chiuso

[pubblicato su Scienza in rete il 21 gennaio 2022]

In questi giorni si discute molto della situazione delle scuole in Italia durante la quarta ondata della pandemia guidata dalla variante Omicron. I primi dati sembrano descrivere una situazione migliore di quella temuta visto l’enorme numero di contagi registrati all’inizio di gennaio.

Mercoledì, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha comunicato alla Commissione Cultura della Camera i risultati di un’indagine svolta dal suo Ministero, a cui hanno aderito 308 mila classi, circa l’82% del totale. Sarebbero circa il 6,5% le classi chiuse o in DAD in questo momento nel paese. I dati pubblicati lo stesso giorno dalla Direzione Generale Welfare della Regione Lombardia, sembrano confermare questa stima, almeno in media. Le classi della scuola primaria chiuse in Lombardia sarebbero il 9% circa, quelle secondarie di I e II grado tra il 6 e il 7%. Per le scuole dell’infanzia è difficile dare una stima perché Regione Lomabardia le aggrega con gli asili nido.

Sempre in Lombardia, nella prima settimana di riapertura dopo le vacanze di Natale, l’incidenza settimanale ogni 100’000 abitanti è cresciuta in tutte le fasce di età della popolazione scolastica (+27% nidi, + 77% per l’infanzia, +43% per la primaria e +7% per le medie), tranne che per quella 14-18 anni, dove si è registrata una flessione del 20% rispetto alla settimana precedente. Vale però la pena osservare che nelle settimane di chiusura delle scuole, l’incidenza era anche raddoppiata da una settimana all’altra.

Spaventati dalla situazione epidemiologica, alcuni presidi alla vigilia delle riaperture hanno cercato di mettere in campo nuovi strumenti per ridurre il rischio di contagio nelle aule. L’attenzione di alcuni è andata verso gli apparecchi per la purificazione dell’aria negli ambienti chiusi. Sappiamo infatti che il SARS-CoV-2 si trasmette anche, e probabilmente soprattutto, attraverso l’aerosol, le goccioline che emettiamo nell’atto di respirare o parlare e che sono sufficientemente piccole (possiamo immaginarle come sfere di diametro inferiore ai 100 micrometri, cioè un decimo di millimetro) e quindi leggere da galleggiare nell’aria della stanza e percorrere anche diversi metri. L’apertura di porte e finestre, la ventilazione meccanica, cioè lo scambio tramite pompe dell’aria interna con quella esterna, oppure la purificazione tramite raggi UV o filtri HEPA sono dunque stati indicati come strumenti di contrasto dell’epidemia, non soltanto nelle scuole ma in tutti i luoghi chiusi.

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Il test rapido antigenico per il Covid-19 serve a contenere la pandemia

[pubblicato su Domani il 20 gennaio 2022]

  • Dal 19 gennaio i cittadini dell’Emilia Romagna possono utilizzare un test antigenico autosomministrato sia per certificare l’infezione e iniziare l’isolamento domiciliare sia per terminarlo dopo sette giorni se ottengono un risultato negativo.
  • Per capire l’attendibilità dei test è necessario ragionare in termini probabilistici e sfruttare il teorema di Bayes, che mette in relazione la probabilità di essere infetti o non infetti una volta ricevuto il risultato del test con la sensibilità del test, la sua specificità e anche la probabilità di essere infetti prima di sottoporsi al test.
  • I test antigenici rapidi sono particolarmente adatti come strumento di controllo del contagio, soprattutto nella popolazione degli asintomatici che giocano un ruolo importante nella trasmissione dell’infezione. Rispetto ai test molecolari, gli antigenici hanno l’enorme vantaggio di restituire i risultati in tempo praticamente reale permettendo il pronto isolamento dei contagiosi.

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L’immagine di copertina è di dronepcr.

Il ruolo dei test antigenici rapidi nel controllo dell’epidemia

[pubblicato su Scienza in rete il 14 gennaio 2022]

Dallo scorso lunedì, nel Regno Unito le persone asintomatiche che ottengono un risultato positivo da un test antigenico rapido, anche effettuato a casa autonomamente, non devono sottoporsi a un test RT-PCR di conferma. Il motivo della decisione presa dalla UK Health Security Agency (UKHSA), l’agenzia di salute pubblica britannica, è l’elevata prevalenza dell’infezione da SARS-CoV-2 nella popolazione inglese. Stando all’ultimo rapporto pubblicato dall’Office for National Statistics, che esegue test settimanali su un campione rappresentativo della popolazione, circa il 6,7% dei cittadini inglesi sarebbe in questo momento contagiato, un totale di circa 4 milioni di persone.

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