Degli oltre 8 milioni di tonnellate di ossidi di azoto emessi in Europa, circa il 12% (poco più di 1 milione di tonnellate) è dovuto al trasporto via terra. Gli ossidi di azoto si formano infatti durante combustioni ad alta temperatura, come quelle che avvengono nei motori degli autoveicoli. Gli effetti sulla salute degli ossidi di azoto sono ormai ben noti, soprattutto in seguito allo scandalo diesel-gate che ha colpito la Volkswagen nel settembre del 2015 (in generale i motori diesel emettono più ossidi di azoto dei motori a benzina).
La riduzione dell’uso dell’automobile in favore del treno è quindi una delle politiche che l’Unione Europea ha messo in campo per ridurre le emissioni di gas serra e gli impatti dell’inquinamento dell’aria sulla salute.
Come si legge in questo studio realizzato dal Parlamento Europeo, fino al 2006 la maggior parte dei finanziamenti per il potenziamento del trasporti è venuto dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (ERDF) e dal Fondo di Coesione (CF). Tuttavia la spesa di questi finanziamenti è stata molto sbilanciata in favore del trasporto su ruota. Ad esempio, nel periodo 2000-2006, dei 29.1 miliardi di euro dell’ERDF spesi nel settore dei trasporti, solo il 21.6% è stato impiegato nelle ferrovie, mentre il 58.1% è stato destinato a strade e autostrade. Per invertire questa tendenza la Commissione Europea ha attivato, a partire dal 2007, un fondo dedicato al trasporto, in particolare trans-nazionale, chiamato TEN-T (Trans-European Transport Network) che ha portato la spesa totale dell’Europa per l’infrastruttura ferroviaria dai 14.1 miliardi del 2006 a 23.4 miliardi del 2013.
È dunque legittimo chiedersi se questa strategia di investimenti abbia portato i frutti sperati: i cittadini europei usano più di prima il treno per il loro spostamenti via terra? Alcune risposte possono essere trovate nell’edizione 2016 del report Eurostat su Energia, Trasporto e Ambiente pubblicato lo scorso novembre e contenente i dati aggiornati al 2014.
Partiamo dalla situazione attuale. Al primo posto ci sono i cittadini francesi, che nel 2014 hanno percorso in media 1358 km in treno, una manciata di km in più degli Austriaci, che hanno totalizzato 1334 km, e un centinaio più degli Svedesi con 1257 km. Solo quarti i Tedeschi, che nel 2014 hanno coperto in media una distanza di 1126 km in treno. Gli italiani usano il trasporto ferroviario notevolmente meno: 804 i km che in media abbiamo percorso in treno nel 2014, da confrontare con i 536 km spagnoli. Ancora più indietro i Greci (98 km) e i Lituani (92 km).
Purtroppo è ancora l’automobile il mezzo di trasporto più usato per gli spostamenti via terra: solo in Austria e Danimarca la percentuale di distanza percorsa in treno supera il 10% del totale. Francia e Germania sono intorno al 9%, Italia e Spagna intorno al 6.5%. Irraggiungibili gli Svizzeri che percorrono in treno quasi il 20% dei loro spostamenti. Nel nostro Paese resta l’automobile il mezzo più utilizzato: percorriamo in macchina l’81% della distanza via terra. Nel 2014 possedevamo in media 610 automobili ogni 1000 abitanti, più di ogni altro Paese europeo.
Se guardiamo agli ultimi 10 anni vediamo che la distanza che percorriamo in treno ogni anno è cresciuta, ma resta sempre più bassa rispetto a Paesi come Francia, Germania o Regno Unito (con cui ha senso confrontarsi vista la simile estensione territoriale).
Una delle ragioni è il volume dell’offerta che gli operatori del settore dei trasporti immettono sulla rete ferroviaria del proprio Paese. Se infatti è fondamentale realizzare l’infrastruttura, è altrettanto importante far viaggiare un numero sufficiente di treni, intensificandone la frequenza nelle tratte su cui la domanda è più alta. Un’idea della mobilità dei treni in Europa si può avere considerando la distanza totale che tutti i treni percorrono in un anno in un certo Paese (per capirci: se in un anno 10 treni percorrono 1000 km e 2 treni 500 km, la distanza totale percorsa è 11000 km). Dal 2006 a oggi l’offerta ferroviaria è aumentata più o meno in tutti gli Stati tranne in Italia, dove è scesa dai 270 milioni di km del 2006 ai 223 milioni di km. Il valore attuale è inferiore a quello di Spagna (338 mln), Francia (406 mln) e Germania (oltre 1 miliardo di km).
Questi dati sembrerebbero indicare che sulla rete ferroviaria italiana viaggiano pochi treni. Una misura più puntuale di questo fenomeno si può ottenere guardando ancora più nel dettaglio alla distanza percorsa da tutti i sedili di tutti i treni in un anno in ciascun Paese. I treni infatti possono essere più o meno capienti. Confrontando la distanza totale percorsa da tutti i sedili di tutti i treni con la distanza media percorsa da tutti i passeggeri di tutti i treni italiani si ha una stima di quanto sono “affollati” i nostri treni. I dati dicono che il grado di riempimento dei treni italiani è del 51% contro il 41% dei treni svedesi, il 35% di quelli Tedeschi e il di quelli spagnoli.
È importante ricordare che si tratta di dati medi. Vuol dire che ci saranno treni in Italia molto più pieni del 51% e altri viaggeranno invece mezzi vuoti. Il rapporto Pendolaria 2016, presentato da Legambiente il 29 gennaio scorso a Palermo, mette in evidenza due criticità del trasporto ferroviario italiano: il trasporto regionale nel Sud Italia e i treni dei pendolari nelle aree metropolitane. Per avere una misura del primo problema basta osservare che ogni giorno le corse dei treni regionali in Lombardia sono 2300, 5.3 volte quelle di tutta la Sicilia, che sono 429, mentre la popolazione lombarda è solo 2 volte quella siciliana. A preoccupare è anche il trend: per la sola Trenitalia il numero di corse giornaliere nelle regioni del Sud è passato da 1634 nel 2009 a 1276 nel 2016, una diminuzione del 21.9%.
È sulle ferrovie suburbane, quelle che trasportano i lavoratori dall’hinterland delle grandi città verso il centro, che però l’Italia registra il ritardo più grave rispetto alla media Europea: 672 km di ferrovie suburbane contro gli oltre 2000 km tedeschi, i 1400 della Spagna e i 1700 del Regno Unito. La sfida per un sistema di trasporti sostenibile si giocherà sempre di più nelle aree metropolitane, visto che le recenti previsioni dicono che nel 2050 la percentuale di cittadini europei residenti nelle aree urbane, che oggi è il 75%, supererà l’80%.