L’impatto di Covid-19 sulla mortalità generale

[pubblicato su Scienza in rete il 9 marzo 2022]

Mentre cresce il numero di vittime causate dalla guerra russa contro l’Ucraina, arrivano nuovi dati sulle vittime della pandemia, a ricordarci l’assurdità del periodo che stiamo vivendo con due crisi che si accavallano accompagnate dai loro bollettini quotidiani di morte e distruzione. Mercoledì scorso ISTAT e ISS hanno infatti pubblicato il settimo rapporto sull’impatto di Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione italiana, che ha stimato un eccesso del 16% nel 2020 e del 10% nel 2021 rispetto ai decessi attesi sulla base dei cinque anni precedenti alla pandemia.

L’eccesso di mortalità è considerato uno degli indicatori più sintetici dell’impatto della pandemia su un paese. Quantifica non solo le vittime dirette dell’infezione, ma anche tutti coloro che sono morti per le conseguenze indirette dell’infezione, per esempio l’abbassamento del livello di assistenza sanitaria causato dal sovraccarico dei sistemi di cura, in particolare degli ospedali.

Stimare l’eccesso di mortalità, la differenza tra le morti registrate e quelle attese sulla base dei dati storici, è un compito tutt’altro che semplice. La domanda a cui si deve dare risposta è: «quante morti ci saremmo aspettati se non ci fosse stata la pandemia?». I dati sul passato costituiscono infatti solo una base di partenza per rispondere a questa domanda. Le stime dell’ISTAT che abbiamo citato all’inizio si riferiscono all’approccio più semplice al problema: prendere le morti osservate tra il 2015 e il 2019, calcolarne una media e confrontarle con quelle osservate nel 2020 e nel 2021.

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Il rompicapo delle valutazioni ANVUR

[originariamente pubblicato su Scienza in rete, 27 febbraio 2017]

Mercoledì scorso, 22 febbraio, l’ANVUR (Agenzia Nazionale Valutazione Università e Ricerca) ha presentato a Roma i risultati della seconda VQR (Valutazione Qualità della Ricerca), relativa ai 4 anni dal 2011 al 2014. Nel documento di presentazione l’ANVUR dichiara che i risultati della VQR sono rilevanti per tre categorie. La prima è il governo, che si basa su questa valutazione per assegnare la quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario destinato a Università e Enti di ricerca vigilati dal MIUR. La seconda categoria è costituita da “le famiglie e gli studenti per orientarsi nelle difficili scelte collegate ai corsi di studio e alle università”. Il terzo gruppo è quello dei “giovani ricercatori”, italiani e non, “per approfondire la propria formazione e svolgere attività di ricerca nei migliori dipartimenti”.

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Quanto viaggiano in treno gli Europei?

Degli oltre 8 milioni di tonnellate di ossidi di azoto emessi in Europa, circa il 12% (poco più di 1 milione di tonnellate) è dovuto al trasporto via terra. Gli ossidi di azoto si formano infatti durante combustioni ad alta temperatura, come quelle che avvengono nei motori degli autoveicoli. Gli effetti sulla salute degli ossidi di azoto sono ormai ben noti, soprattutto in seguito allo scandalo diesel-gate che ha colpito la Volkswagen nel settembre del 2015 (in generale i motori diesel emettono più ossidi di azoto dei motori a benzina).
La riduzione dell’uso dell’automobile in favore del treno è quindi una delle politiche che l’Unione Europea ha messo in campo per ridurre le emissioni di gas serra e gli impatti dell’inquinamento dell’aria sulla salute.

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Gli spiccioli dei PRIN 2015 alla ricerca pubblica

[originariamente pubblicato su Scienza in rete, 27 settembre 2016]

Il 20 settembre scorso il Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR) ha reso pubblico l’elenco dei vincitori dei bandi PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale), i finanziamenti pubblici per la ricerca assegnati su base competitiva. La somma messa a disposizione dal MIUR è di 91’244’801 euro, di cui  79’947’832 sono assegnati sulla base della valutazione del progetto e della richiesta di budget del principal investigator (PI, colui o colei che propone il progetto), mentre  11’296’969 rappresentano la quota premiale,  ovvero la somma conferita dal MIUR in base allo stipendio del PI (precisamente il 50% dello stipendio del PI).

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